Battlezone di Atari, classe 1980, può essere considerato il primo arcade-cabinet in realtà virtuale della storia del videogioco.
La sua storia, una comunità umana totalmente schiacciata e schiavizzata dalle macchine, spedita in lontano esilio e praticamente in dirittura d’estinzione. La “Corporation”, il nome del complesso industriale che ha posto il dominio totale su ciò che resta della Terra dopo anni di massacranti battaglie. A risollevare le sorti di tutto questo inferno un solo pilota e il suo tank chiamato Cobra. L’impresa non sembra disperata solo “narrativamente”, e quasi giustifica il perché Battlezone è un gioco roguelike, dove i nemici non si fanno pregare, riguardo allo spazzarti via dalla loro vista…
HEXAGONAL ROGUELIKE?
Un dannato roguelike. Così lo ha reinterpretato Rebellion su PlayStation VR. Dal 1980 ad oggi, dal cabinet e il “periscopio” in sala giochi (in cui si osservava lo schermo poggiandovi la faccia) al PlayStation VR in cui infili la testa dentro. Così Battlezone è diventato un dannato roguelike. Che è un po’ come preservare lo spirito arcade di trentasei anni fa, dove finite le vite/carri a disposizione, in assenza di altri gettoni era game over. Qui bisogna spendere chip di credito, ovvero le preziose risorse accumulate in gioco, se si vogliono acquistare Extra Life. E non è facile capire cosa sia meglio, se il presente o il passato. Più che complesso, Rebellion ha messo su un gioco abbastanza controverso in cui è la generazione procedurale dei livelli a farla da padrona. Ad ogni nuova partita, dinanzi agli occhi del giocatore s’apre infatti una mappa composta da celle esagonali, generata appunto proceduralmente. Ciascuna sessione di gioco, definita Campagna, permette di selezionare dei livelli che modificano la durata della campagna stessa e la sua difficoltà. A quel punto si ha libertà di decidere in quale degli esagoni adiacenti è possibile muovere il proprio carro, se spendere o meno moneta di gioco per lanciarvi una sonda rivelando le missioni contenute (svelando al contempo porzioni di mappa non immediatamente raggiungibili). Tutto questo mentre il nemico si muove sulla medesima mappa, esagono dopo esagono, aumentando progressivamente la sua potenza d’attacco. La struttura di ogni campagna è composta quindi da missioni in cui c’è da difendere la propria base, penetrare le difese opposte, distruggere generatori di scudi, hackerare torri di comunicazione o, semplicemente, fare piazza pulita dei nemici. Battlezone genera quindi una serie di eventualità strategiche che conducono poi allo scontro finale per la conquista della base avversaria.
Parliamo di una (pseudo)strategia poiché, data un’arena di gioco, è possibile anche imbattersi in stazioni di rifornimento dove utilizzare le risorse accumulate durante le battaglie, acquistando nuove armi e potenziando il nostro carro.
Così come è possibile ritrovarsi su celle vuote, dove c’è poi da attendere il turno di movimento dell’avversario prima di riprendere il cammino.
NAUSEA (&) CONTROL
Spariti i comandi originali con due joystick attraverso cui controllare i due cingoli tutto qui è rimesso al Dualshock 4 che muove il carro mentre noi siamo liberi di muovere la testa all’interno del cockpit.
La configurazione è abbastanza intuitiva. Ci si sposta con l’analogico di 360° e si effettuano gli strafe/boost con L2 (che riducono temporaneamente gli scudi). Con l’altro analogico si mira “ad alzo zero” (come nell’arcade originale), con cannoni che si muovono su e giù sul solo asse verticale. Per intenderci, non vi è mira orizzontale in Battlezone, dato che bisogna muovere l’intero carro per mirare orizzontalmente. Lo sparo è rimesso al tasto R2 (con tanto di ricarica attiva alla Gears of War) ed è inoltre presente la selezione di armi tra gatling e missili a ricerca per un aumento della strategia offensiva
Non è solo per l’elemento roguelike che Battlezone possiede un’anima oscura. Indossando PlayStation VR, e vivendo gli ambienti all’interno del cockpit di un tank immerso in questo mondo fatto di linee rigorose al neon tendenti alla fluorescenza, vi è un che di assolutamente inquietante e avulso da ogni umana realtà. È la sensazione inquieta di trovarsi all’interno di una simulazione di un computer, amplificata dalla potenza immersiva della realtà virtuale, che sprigiona un senso di occlusione e claustrofobia che risulta affascinante e al contempo estraniante. Tralasciando una pulizia dell’immagine buona su PlayStation 4 Pro ma solo discreta su PS4 standard, anche giocato in single player l’azione di Battlezone risulta veloce, l’esperienza ricca di carattere, e la cura per la sua realizzazione generale di certo non lascia indifferenti.
È possibile accusare quel tot di nausea quando si percorrono saliscendi o si compiono strafe laterali mentre si sta visualizzando altrove rispetto al movimento del tank, ma per il resto il feedback risulta abbastanza stabile.
Nostalgica quanto interessante anche la patch gratuita della modalità classica originale, che questa volta sbatte davvero dentro ad un immaginario VR a cristalli liquidi verdi in wireframe. Ricalcando la struttura prettamente arcade da cabinato, si tratta di un mero divertissment, capace di regalare la bella sensazione di ciò che si sarebbe potuto provare un tempo, con una vera tecnologia VR.
STRUTTURA PROCEDURALE OK?
Ciò che lascia un certo amaro in bocca riguarda una serie di elementi che inficiano l’appeal globale verso l’intera struttura di gioco. Di base, passino le munizioni non infinite e la facilità con cui si giunge al Game Over. Molto discutibile risulta però la perdita di tutti i potenziamenti, nonché delle risorse guadagnate nelle missioni vinte sul campo. La generazione procedurale di certo poi non aiuta quando si ha bisogno di potenziarsi e tutto risulta fuori da un’immediata portata. Ad esclusione delle torrette, di qualche moto stile Tron e dei boss che si muovono liberamente sulla mappa, l’offerta nemica composta di Tank/Saucer/SuperTank è rimasta la stessa del 1980, non garantendo quindi una varietà esorbitante. Per quanto vi siano alcuni elementi ambientali che le contraddistinguono, le arene di gioco tendono tutte a somigliarsi, e le modalità di gioco risultano le stesse, sempre. Con la sua anima basilarmente arcade, se il comparto single player non produce gratificazioni a lungo termine memorabili, il multiplayer on-line non prevede modalità competitive, ma solo co-op sino a quattro giocatori. Vincere una mappa dopo l’altra, senza variazioni di sorta, può risultare alla lunga ridondante, inficiando la voglia di continuare.
Strutturalmente Battlezone risulta quindi una bella esperienza in VR, suggestiva ed esteticamente oscura e inquietante, ma con una struttura di gioco arcade poco varia e ridondante che ne mina l’appeal complessivo globale.
PRODUTTORE: REBELLION
SVILUPPATORE: REBELLION
MULTIPLAYER: SI
FORMATO: PSVR
LINGUA: Italiano (TESTI)
VOTO: 7,5
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