giovedì 25 aprile 2019

DAYS GONE: Proprio un gran bel… déjà-vu!

Anzi, più che déjà-vu, il termine che avrei dovuto usare sarebbe il “déjà-joué” di bittantiana memoria, anche se in questa sede il contesto è completamente diverso (per sapere a cosa mi riferisco, andate a questo link). Ma cominciamo dall’inizio:

Nintendo. Qual è la prima cosa che vi viene in mente quando pensate alla Casa di Kyoto? Potrei sbagliarmi, ma quasi sicuramente la risposta è Mario, Zelda, Samus e compagnia bella; mondi colorati, divertenti, tecnicamente quasi perfetti e, spesso e volentieri, alla portata di tutta la famiglia. Insomma, tratti distintivi che, da sempre, fanno sì che un videogioco Made in Nintendo, piaccia o meno, sia un qualcosa che si riconosce praticamente alla prima occhiata.
Ma perché diavolo sto parlando di Nintendo in apertura di un pezzo che porta nel titolo lo stesso dell’ultima, fresca esclusiva PlayStation 4? Beh, perché l’opera dei ragazzi di Bend Studio - ex Eidetic -  è in pratica la summa di tutto ciò che, invece, caratterizza ormai da alcuni anni i titoli sviluppati in casa Sony (con un pizzico di Far West); un collage digitale in cui, forse, si sono fatti un po’ troppo prendere la mano.

L’OCCASIONE D’ORO
In Bend Studio non sono certo dei novellini. L’azienda, che prende il nome proprio dalla città dell’Oregon nella quale ha sede, fa parte ormai da anni dei SIE Worldwide Studios (in sostanza, l’insieme degli sviluppatori first party di Sony) ed è conosciuta soprattutto per quel capolavoro di Bubsy 3D e per aver dato i natali a quell’orribile saga pseudo-clone di Metal Gear Solid che si chiama Syphon Filter e che, fortunatamente per noi, si è interrotta nel 2007 con l’ultimo SF: Combat Ops. Ironia a parte, i ragazzi si sono poi dedicati alle due PlayStation portatili sfornando rispettivamente Resistance: Retribution su PSP e, udite udite, Uncharted: L’abisso d’oro, sostituendosi egregiamente a Naughty Dog nel portare le avventure di Nathan Drake sulla piccola ma potente PSVITA. Ed è proprio grazie all’ottimo lavoro fatto con quest’ultimo titolo che in Bend si sono assicurati, da parte della casa madre, la possibilità di lavorare finalmente ad una nuova IP, questa volta per la console ammiraglia e, soprattutto, con un budget decisamente più sostanzioso. Ed è così che, all’E3 2016, viene svelato al mondo Days Gone.

28 GIOCHI DOPO 
E non è un caso se al tempo, dopo solo pochi istanti dall’inizio del trailer, la gente pensasse di essere davanti alla presentazione di The Last of Us 2 (effettivamente annunciato solo qualche mese più tardi) o di uno spin-off del primo capitolo. Non bastarono nemmeno i video gameplay usciti in seguito, che mostravano il protagonista Deacon St. John vagare per le foreste dell’Oregon (ma dai?!) alla ricerca di provviste in sella ad una moto decisamente da tagliandare per poi doversi confrontare prima con un gruppo di generici banditi da strada e poi con un’orda di non-morti (o presunti tali) da fare invidia a quelle di World War Z. La sensazione di “già visto” era comunque papabile allora e lo è ancora di più adesso, pad alla mano, con il gioco finalmente nei negozi. Il più grande problema di Days Gone, infatti, è proprio nel suo voler racchiudere in un unico pacchetto tutte le caratteristiche tipiche delle migliori esclusive PlayStation e di altri titoli di recente pubblicazione, dando in pasto al giocatore una serie di situazioni, contesti e azioni da compiere che inevitabilmente (e soprattutto per chi è da sempre affezionato ai brand della casa giapponese) sanno… di vecchio; di “già fatto”.
Partiamo dall’incipit, per farvi capire meglio ciò che intendo: un misterioso virus ha infettato pressoché l’intera regione (o il mondo intero?) trasformando le persone in predatori feroci con una particolare tendenza a cibarsi di carne umana. I pochi sopravvissuti si rifugiano quindi in diversi accampamenti, dividendosi tra chi vuole cercare di mantenere un minimo di senso civile e chi, invece, abbraccia la legge della giungla. Insomma, ci sono buoni e cattivi lì fuori. Deacon è un randagio, un ex membro di un club di motociclisti che, dopo aver subito un lutto a causa dell’epidemia, decide di vivere da mercenario con il suo amico/fratello Boozer

DEACON, TI PRESENTO JOEL E ALOY E… ARTHUR
Days Gone è un’avventura open-world in cui la mappa si rivela man mano che si va avanti con la trama principale o con le varie missioni secondarie (la storia è divisa in diversi archi narrativi interconnessi che possono essere affrontati più o meno con una certa libertà). I compiti da svolgere sono su per giù sempre quelli ai quali siamo abituati in giochi di questo tipo: vai dal punto A al punto B; recupera un oggetto in C e riportalo ad A, uccidi Tizio, salva Caio e via cantando… Ci sono poi alcune missioni da fare tassativamente in stealth (pena il riavvio delle stesse) particolarmente fastidiose, anche perché condite da un intelligenza artificiale dei nemici - soprattutto quelli umani, paradossalmente - degna della passata generazione. Sparse per la mappa si possono trovare diverse zone particolarmente infestate dai Furiosi, di cui saremo chiamati a bruciarne i nidi nei quali si rintanano per… dormire, credo. Discorso a parte meriterebbero le ormai famose orde, ma ne si affrontano talmente poche durante l’intero gioco che… boh, se non ci fossero cambierebbe poco o nulla, a parte in alcune occasioni specifiche. Tra le altre attività… beh, a parte saltuari inseguimenti su due ruote (decisamente riusciti e divertenti) o alcuni eventi “dinamici  e casuali” che tanto dinamici non sono perché si ripetono fin troppo spesso, si può andare a caccia per recuperare le pelli degli animali e venderle per guadagnare crediti o, ancora, si possono raccogliere diverse piante, alcune di queste utili per creare particolari dardi da balestra. A proposito, le armi (sia da fuoco che da mischia, queste ultime usurabili) e munizioni si possono recuperare sul campo o comprare e potenziare presso i mercanti. Così come presso le officine sparse per i vari accampamenti si può potenziare e modificare, sia per quanto riguarda le prestazioni che l’estetica, la propria moto. Eh sì, la motocicletta, in Days Gone, è parte integrante del gameplay e, proprio come gli equini di un certo gioco ambientato nel selvaggio West va “nutrita” e coccolata a dovere. Traducendo: ci si deve mettere spesso la benzina e se si rompe conviene aggiustarla il prima possibile sfruttando i vari rottami e pezzi di ricambio sparsi per il mondo di gioco. La cosa positiva è che non si rischia quasi mai di doversi fare dei chilometri a piedi anche in caso di moto guasta e risorse insufficienti visto che, ad esempio, si possono “prendere in prestito” le due ruote dei nemici. Insomma, una sella sotto il sedere è quasi sempre garantita. Passando al sistema di combattimento e alle abilità acquisibili da Deacon mi viene quasi da ridere se penso a quanto il tutto sia simile, se non identico, a quanto già visto in giochi come il già citato TLOU o persino nel più recente Horizon: Zero Dawn: modalità “ascolto”, concentrazione durante la mira per far rallentare il tempo, possibilità di creare oggetti in tempo reale tramite menù circolare, loot compulsivo… c’è tutto e di più.


SONY’S DIFFERENCE
In conclusione, dunque, com’è questo Days Gone? Alla fine della fiera e nonostante alcune magagne tecniche... non male, davvero. Perché ok, i ragazzi di Bend Studios (poco più di un centinaio di persone eh; numeri ridicoli per un titolo con queste ambizioni) hanno messo un po’ troppe cose nel frullatore, ma hanno preso gli ingredienti migliori. Inoltre, i personaggi sono ben caratterizzati (a proposito, il doppiaggio italiano - e il comparto audio, in generale - è ottimo) e la voglia di vedere come va a finire l’avventura di Deacon e soci rimane comunque alta per tutte le circa 30 ore che servono per arrivare all’endgame (parola abusata, in questi giorni, vero?). Paradossalmente, sono convinto che se lo potrà godere di più chi, per un motivo o per l’altro, è rimasto a digiuno dei titoli sopracitati, mentre per i veterani di PlayStation il “muro” del dèjà-vù esiste ma è anche facilmente scavalcabile. Un onesto “doppia A” travestito da AAA insomma, ma è anche bello (e giusto) che esistano prodotti di questo tipo. 
Logan Singer

7.5


1 commento:

  1. Insomma Sony si è adagiata su di un certo tipo "ricetta" che non varia neanche troppo. Tutti i giochi che hai citato come riferimento al già-giocato li devo ancora giocare, ma quando avrò il tempo di farlo, se mi capitasse di giocarne due o tre di fila il déjà-joué si farebbe sentire insomma.
    Comunque, sicuro è un altro gioco da aggiungere alla lista dei "da giocare". E poi il protagonista fa il cosplay di Logan, vuoi mettere? 😂

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